PHOTOGRAPHY

Il fotografo svedese Christer Strömholm divenne noto sulla scena europea per le sue immagini monocrome, nei quali prevaleva l'uso del nero intenso. Nella sua vita viaggiò molto senza fermarsi mai troppo a lungo nello stesso luogo, fatta eccezione per Parigi, dove ebbe modo di produrre la sua serie di scatti di transessuali, ora parte della raccolta ‘Vännerna på Place Blanche' (Gli amici di Place Blanche 1959-1968). A Stoccolma fu direttore della rinomata Fotoskolan dal 1962 al 1974, istituto in cui studiarono molti fotografi scandinavi di successo. La sua prima mostra personale dal titolo 'Till minnet av mig själv' (In memoria di me stesso) fu presentata presso il famoso grande magazzino della capitale NK (Nordiska Kompaniet). Ora il Fotografiska di Stoccolma rivive le atmosfere a tratti cupe dell'esistenzialismo proprio di quegli anni, con un'ampia retrospettiva dal titolo CHR, l'acronimo con cui l'artista si firmò per tutta la vita. La mostra, nata da una collaborazione tra il Fotografiska e Joakim e Jakob Strömholm, rimarrà aperta fino al 25 novembre con oltre 150 immagini (alcune inedite) oltre che oggetti, materiale d'archivio, film e installazioni.
 


 
 
 
 
 
 
A primo impatto viene da sorridere. Perché vedere l'immagine di qualcuno sdraiato su un marciapiede o alla fermata di un autobus raggomitolato su se stesso suscita ilarità. Sembra un momento rubato, uno scatto ironico. Ma se si guarda la motivazione alle spalle di 'Let the Poets Cry Themselves to Sleep', lavoro del fotografo Adrian Storey, se ne può cogliere la denuncia sociale. I tempi alienanti del lavoro e i ritmi estenuanti della metropoli non lasciano scampo: i lavoratori della capitale nipponica si addormentano ovunque. Così dalle ringhiere alle scalinate della metropolitana, dai taxi alle fioriere tutto è buono per schiacciare un pisolino. E qualcuno potrebbe fiutare l'affare: vendere cuscini nelle strade di Tokyo













Un'infanzia trascorsa in mezzo a oggetti in attesa di una seconda vita. Figlia e nipote di rottamai, la fotografa Lisa Kereszi ha voluto raccontare per immagini il luogo dove è cresciuta, quel deposito di oggetti voluto da nonno Joe, che è diventato una sorta di laboratorio di nuove identità e di scoperte di piccoli tesori. Le foto scattate tra il 1998 e il 2004 sono raccolte anche in un volume recentemente edito da Damiani dal titolo 'Joe's Junkyard'.











Fino al 9 dicembre Modena ospita una grande mostra dedicata al fotografo americano Edward Weston. In esposizione 110 scatti, realizzati tra gli anni '20 e '40, con i soggetti più amati dall'autore: nudi, paesaggi, vegetali, giochi. Le stampe sono in gran parte provenienti dal Center for Creative Photography di Tucson dove è conservato il più grande archivio dell'autore. "La macchina fotografica – sostiene Weston – deve essere usata per registrare la vita e per rendere la vera sostanza, la quintessenza delle cose in sé, sia si tratti di acciaio lucido o di carne palpitante"










Macchinine, pistole giocatolo, colori sui muri. Se da bambini sono serviti a proiettarci in un mondo adulto e ad imitare l'immaginario dei grandi, in "Back To The Childhood", il progetto grafico del fotografo francese Julien Mauve, lo scopo si inverte. In uno scambio di ruoli l'universo quotidiano degli adulti viene contaminato dai "toys" creando un contrasto creativo singolare e d'impatto nella sua indiscussa semplicità. L'idea è balenata all'artista francese dopo aver ritrovato i suoi giocattoli d'infanzia nella soffitta dei nonni. Quando essere adulti è un "gioco da ragazzi".














Il fotografo neozelandese John Crawford per questa ultima serie di scatti, intitolata 'Aerial Nudes', parte dal romantico concetto di land-art: fotografia aerea, panoramica e di paesaggio. Il vero punto di interesse, o di contrasto, la fanno gli elementi, quasi sempre persone reali, che si aggiungono o meglio che si nascondono nelle linee e nei disegni dell'ambiente. Tra performance urbane, soggetti sdraiati e corpi femminili nudi e crudi ogni scatto di John Crawford è curioso e 'rebel' allo stesso tempo. Uno stile naturale e semplice, che crea un equilibrio tra la materia e l'umore, foto che secondo lo stesso artista sono: 'di facile commistione e comprensione. Assurde e colorate. Ludiche' !











Ricerca, selezione e composizione: Joachim Schmid 'ricuce' fotografie già esistenti per dar vita a nuove immagini. L'autore ha iniziato con cartoline vecchie, negativi, foto strappate, per poi rinnovare il proprio stile nel corso del tempo. Negli anni90 ha annunciato su un giornale l'apertura di una "Prima Collezione Generica di Foto Usate", chiedendo così ai lettori materiale su cui lavorare; poi la sua ricerca è proseguita e le vecchie stampe hanno lasciato il posto al digitale. A formare i suoi progetti, oggi, ci sono i frame di una vita passata davanti allo schermo di un computer, uno stile che si è rinnovato nel tempo ma che è rimasto fedele all'idea che fin da sempre ha animato la sua arte: riflettere su come la fotografia possa 'comporre' la memoria personale con quella collettiva.








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